È davvero affascinante quanto nell’era della velocità e dell’eccessiva quantità di informazioni, arrivi quel momento in cui sembra che tutto, dal più futile al più impegnativo argomento, si rimesti fino a collegarsi inevitabilmente mostrandosi ad un tratto chiaro e alla portata di tutti.
Certo che si potrebbe parlare del conflitto in Medio Oriente prendendo una posizione, scagliandosi contro uno o l’altro lettore di questo testo come è certo che sarebbe paradossale credere che un argomento del genere non possa generare nell’opinione pubblica tutto quello che ha generato e che genererà, seppur saldamente all’interno della sfera democratica che ci circonda (e menomale).
Serviva però un modo per approcciarsi a questo argomento senza bandiere e che si legasse a qualcos’altro, un modo non strettamente geopolitico, magari non banale e ridondante e fortuna vuole che Sanremo e tutto il suo carrozzone siano arrivati puntuali in questo stranamente caldo febbraio.
Lo abbiamo visto tutti, vari artisti hanno deciso di sfruttare lo spazio pubblico per lanciare messaggi e questa non è una novità, anzi, si è sempre sensibilizzato contro la violenza di genere, per l’inclusione e da quando esiste il mondo per la pace, troppo spesso anche in maniera macchiettistica.
Il problema sorge quando si inizia a scegliere maldestramente da quale opinione sarebbe meglio prendere le distanze, dopo aver dato la possibilità di esprimerla con tanto di applausi, musica e sorrisi.
Il fatto che oggi si parli di Caso Ghali dovrebbe imbarazzarci tutti e non perché la televisione di stato abbia scelto di ricordare la sofferenza di un popolo anziché di un altro, ma per il goffo tentativo di correre ai ripari durante la kermesse e nei programmi del giorno dopo, come se le parole degli artisti rappresentassero violenza, come fossero proibite.
Spesso in questo paese oltre che di guerre si parla di politicamente corretto e del fatto che non si possa più dire nulla ma non è proprio così, possibilità e libertà di esprimersi noi ne abbiamo eccome (anche se sembra strano), semplicemente certe cose bisogna saperle dire e certi atteggiamenti bisogna saperli avere soprattutto se in un modo o nell’altro lo fai rappresentando qualcun’altro.
Non ci sono gare e competizioni sulle tragedie ma ci sono popoli, ci sono vittime, c’è sofferenza e se qualcuno ha la possibilità di mandare un messaggio di pace, di chiedere una riflessione o che un massacro di questo tipo venga fermato, lasciatelo fare.
Andrea
Giovani INformazione APS
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